PODCAST

#1 Crona. Onorare la Vecchia: la riscoperta del sapere femminile e il passaggio di eredità.

Questo episodio è dedicato alla parola Crona e al senso della vecchiaia nell'immaginario comune e della sua concezione nella dimensione del Sacro femminile. Interviene una Crona d'eccellenza Luciana Percovich che ci racconta la sua "biografia intellettuale" e ci parla della necessità di passare alle donne nate e che nasceranno dopo di noi, i doni di una visione femminile sul mondo.

#1 Crona. Onorare la Vecchia: la riscoperta del sapere femminile e il passaggio di eredità.

Questo è il podcast Cronario e noi Siamo l’anonima Crone.
In questo primo episodio dedicato alla parola Crona, parliamo del senso della vecchiaia per le donne, della sua concezione nella dimensione del Sacro femminile e della comunicazione intergenerazionale. Interviene una Crona d’eccellenza, Luciana Percovich, saggista e traduttrice attiva nel movimento delle donne sin dagli anni ’70. Da diversi anni dirige una collana sulla storia e la spiritualità delle donne e ha scritto di medicina delle donne, di scienza, antropologia, mitologia e spiritualità femminile.

Crona è un neologismo che significa donna anziana, saggia e lungimirante. L’ispiratrice della parola è Mary Daly che ha ripreso il termine dell’antico inglese “crone” che in tempi passati indicava proprio la donna anziana e saggia, o lucidamente vecchia.
L’abbiamo scelta per occupare l’assenza nella lingua italiana (o forse la caduta in disuso) di una parola positiva per chiamare le donne che non si vergognano di invecchiare, che non si preoccupano dei cambiamenti che vedono avvenire nel proprio corpo e che imparano a distillare la saggezza accumulata negli anni.
Forse un tempo la parola “Vecchia” aveva di per sé questo significato, ma dopo i Secoli dei Roghi durante i quali molte donne sole, anziane e indipendenti furono fisicamente eliminate e demonizzate, è caduta in disuso, insieme all’idea che una “vecchia” possa esercitare autorevolezza, essere un punto di riferimento o che possa affascinare le generazioni più giovani con i suoi racconti e con la sua libertà.
Essere Crona, quindi, è il prodotto di un processo che si sceglie di affrontare e che detto in parole semplici è: imparare ad invecchiare. Un percorso in cui è necessario confrontarsi con le nuove forze e le nuove debolezze e con l’autorevolezza che permette il passaggio delle proprie esperienze. Ma è soprattutto affrontare le paure che nascono dal giudizio degli altri e il lasciar andare tutto ciò che intralcia la possibilità di raggiungere un nuovo stato di pienezza e quell’equilibrio cosmico che Mary Daly chiama “Quintessenza”.
È proprio grazie a Mary Daly e a molte altre teologhe, filosofe, antropologhe, studiose di storia dell’arte, archeologhe – tra cui qui vogliamo ricordare anche Merlin Stone e Marija Gimbutas – che all’inizio di questo millennio, si è avviato un recupero del Sacro e di quella dimensione in cui accettiamo di occupare il nostro piccolo posto, nel divenire continuo della vita nelle sue infinite e cangianti forme. Abbiamo capito che Sacro Femminile è accettare il mistero della vita che si rinnova nei corpi che riflettono i ritmi ciclici del cosmo; è riportare alla memoria, e trarne ispirazione, le civiltà umane che ponevano al loro centro lo sguardo delle donne sul mondo.

È da oltre 20 anni che in questa direzione si concentra anche la ricerca di Luciana Percovich (come ci racconterà lei stessa). I seminari che tiene da anni in giro per l’Italia e il suo lavoro con i Cerchi delle Crone sono un viaggio a ritroso nella memoria delle antenate e della genealogia femminile.
In questi Cerchi aperti anche a donne più giovani è maturato un intenso confronto intergenerazionale da cui ha avuto origine il Cronario e in cui abbiamo riscoperto insieme quanto nella vita delle donne avesse contato per millenni, e contasse ancora, il ritrovarsi in Cerchio.
Il Cerchio è insieme evoluzione dei primi gruppi di Autocoscienza e, soprattutto, riscoperta di millenarie forme di aggregazione a guida femminile. Uno spazio protetto e strutturato che nasce per incontrarsi in maniera simbolicamente forte e la cui forma aderisce perfettamente all’idea di collettività, condivisione, sguardo d’insieme, uguaglianza di peso e valore. Ben diverso dalla geometrica piramide delle formazioni maschili e patriarcali.

Il concetto di Crona e i Cerchi delle Crone sono stati ispirati dalle Ruote dell’Anno e dalle Ruote di Medicina che rappresentano il ciclo naturale delle stagioni in cui tutte le cose della natura sono cicliche, compreso lo scorrere del tempo. E il susseguirsi delle stagioni si riflette nelle nostre esistenze nel perenne ciclo di vita, morte e rigenerazione. In questa concezione del tempo ciclico la Crona corrisponde alle stagioni dell’Autunno e dell’Inverno e in tutte le tradizioni indigene rappresenta la Custode della Saggezza del Mondo.
Le Vecchie sagge rivestono un ruolo fondamentale in tutte quelle società che hanno mantenuto intatte la connessione con la natura e la spiritualità; sono il fulcro della comunità, custodi non solo di beni materiali, ma di tutta quella ricchezza che riguarda le relazioni, i saperi, le memorie e la visione del mondo: sono portatrici di un’eredità culturale e soprattutto spirituale.

Nel sistema patriarcale l’organizzazione del tempo ha fatto della mono-tona linearità il principio organizzatore di ogni impegno quotidiano, del lavoro, delle relazioni sociali. Un principio artificiale che non inscrive i ritmi di vita nel tempo ciclico naturale dei mesi, dell’anno, della vita e della morte e in cui la vecchiaia viene vissuta con estrema angoscia e timore. Soprattutto per le donne, che nella cultura patriarcale, sono valutate per la loro capacità di generare prole ed essere desiderabili sessualmente, l’invecchiare, a partire dalla Menopausa, viene considerata e soprattutto narrata come una fase critica e di tramonto, quando invece, al contrario, se vissuta con consapevolezza è una fase di iniziazione a una nuova età della vita in cui la donna può davvero diventare Signora di sé stessa.
Nella narrazione della cultura patriarcale e in questa dimensione artificiosa di Tempo si toglie soprattutto alle donne anziane, ogni ruolo sociale. Visto che non hanno più capacità “produttive” e “riproduttive”, sono destinate all’oblio e all’isolamento.
È un modo di rappresentare la vecchiaia delle donne che tende a svilire e banalizzare le loro esistenze annullando il valore simbolico e spirituale di un’intensa e a suo modo feconda fase della vita. Sappiamo invece che nella realtà, le donne anziane, libere dalle pressioni della “performance a tutti i costi” sanno dedicarsi attenzioni prima dedicate ad altri e ricavare in diversi modi degli spazi in cui ritrovarsi fra loro per confrontarsi sulle cose del mondo, della vita oppure, come dice Gloria Steinem, sulla “pianificazione dell’ignoto”!
La cancellazione dalla scena pubblica e culturale delle Vecchie ha come ulteriore conseguenza l’impoverimento delle relazioni tra le diverse generazioni di donne ostacolando un processo umano irrinunciabile e cioè il passaggio dei saperi accumulati, e di tutte le capacità intellettive e creative. L’Eredità, che non rappresenta quella deviante logica fatta propria dal patriarcato, in cui una proprietà passa da una generazione a un’altra per conservare ricchezza e potere facendone il perno della sua continuazione.
Quando parliamo di Eredità, intendiamo un processo relazionale di passaggio alle nuove generazioni di abilità, tecniche, valori, aspirazioni comuni, visioni della vita e speranze.
Eredità per noi significa poter attingere a ciò che le generazioni vissute prima di noi hanno accumulato in sapienza, ingegno e sogni, in un’ottica di continuazione della Creazione. Significa tenere in moto uno scambio vitale e potente, non relegato all’ambito privato del possesso di beni, denari o cariche, ma una consegna naturale alle nuove generazioni per non spezzare o disperdere la ricchezza comune.
La necessità di percorrere i sentieri della storia più remota nasce proprio dal bisogno di recuperare questa ricchezza, le nostre radici e tutta la nostra genealogia femminile.
Non è un nostalgico recupero del passato, ma al contrario valorizza e risignifica le nostre esistenze che scorrono ininterrotte nel nostro corpo e in cui vivono e agiscono nel bene e nel male le memorie di tutte coloro che ci hanno preceduto.
Il lascito delle generazioni di donne che è nella storia e nella nostra memoria cellulare, è corposo, stratificato, fatto di simboli, miti e archetipi psichici.

Oggi chiamiamo Crone quella generazione di donne che oltre ad aver vissuto la meravigliosa avventura del femminismo degli anni’70 ha lavorato intensamente per riaprire e consolidare la soglia temporale tra passato e futuro. Donne come Luciana Percovich, che hanno oggi molti tesori da lasciare in Eredità a tutte le donne nate e che nasceranno dopo di noi, passandoci i doni di una visione femminile sul mondo, oscurata ma mai messa a tacere.

Luciana Percovic:

Esiste un libro, uno dei miei libri, intitolato Verso il luogo delle origini, in cui ho selezionato e raccolto articoli, brevi saggi o interventi a convegni, per lo più pubblicati su varie riviste, che coprono l’arco di tempo che va dal 1983 al 2014.
L’ho fatto pensando soprattutto alle donne che allora erano ancora bambine o troppo giovani per aver avuto esperienza diretta di quegli anni e del decennio precedente, con il desiderio di consegnare loro un percorso di ricerca che è mio personale, ma riflette i temi e i linguaggi comuni a un’intera generazione di donne impegnate nel movimento delle donne.

Il titolo, Verso il luogo delle origini, non è un titolo originale perché nel 1992 la Tartaruga una delle classiche case editrici del Movimento delle donne, aveva pubblicato un libro a più voci che portava lo stesso titolo e spero che le mie amiche di allora condividano lo spirito con cui lo riutilizzo. Specialmente il Centro Documentazione Donne di Firenze che fatto un po’ il perno e da coordinatore a queste ricerche.
In quel testo, cioè Verso il luogo delle origini, uscito nel ‘92, posso collocare l’inizio della ricerca verso le radici indietro nel tempo nell’archeologia dell’immaginario femminile, sulle condizioni dell’erranza che Mary Daly chiamava diaspora e nel memorabile scritto di Rossella Mosca intitolato La Vergine.

All’inizio degli anni ‘90 la mia mente consapevole non andava in quella direzione, ma già allora cominciava a scorrere tra noi quel richiamo, quel desiderio di ri-incontrare la presenza nella storia delle nostre antenate, per trovare nutrimento al bisogno di immaginare mondi diversi per donne e uomini schiacciati dalla conflagrazione delle leggi patriarcali.
E poi molte volte mi è capitato durante questi ultimi vent’anni in cui la mia ricerca ha preso a percorrere appunto i sentieri della storia remota e dell’immaginario mitico e religioso dell’umanità, mi è capitato, dicevo, di trovarmi in gruppi con donne più giovani di me e di dover quasi sempre correggere la pessima idea che le generazioni dopo la nostra, con rare eccezioni, hanno ricevuto del femminismo.
E ho visto nei loro occhi incredulità prima e poi l’accendersi della curiosità nel sentire racconti che non hanno mai ascoltato o che sono arrivati loro in maniera fortemente e volutamente distorta. E non mi ha disturbato o mi disturba tanto la loro diffidenza verso il femminismo, piuttosto il dover constatare quanto veloce sia la perdita di memoria e l’ignoranza di ciò che è successo solo qualche decina di anni fa alle loro mamme, in alcuni casi alle loro nonne. Constatare quanto sia efficiente la cancellazione automatica di ciò che esce dagli schemi del sistema e quanto poco ci siamo fatte carico di passare la nostra conoscenza alle donne nate dopo di noi.
Ora sono consapevole che occorre mettere la stessa Cura nel narrare gli eventi che nel viverli. E poiché non siamo sostenute da nessuna istituzione intellettuale o politica o professionale possiamo contare solamente sulla nostra rete di relazioni.

Verso il luogo delle origini è quindi una parziale “biografia intellettuale”, che vorrei aiutasse a stimolare la curiosità, a colmare anche se in minima parte questo recente vuoto di memoria, mostrando su quali temi e con quali linguaggi abbiamo compiuto la rivoluzione che nonostante tutto continua, mirando più che mai al cuore e che non si è mai interrotta nel “retroscena” come Mary Daly chiama il piano degli eventi che non stanno sotto i fari accesi dei media sull’ “avanscena” che sarebbe appunto, che è diventato sempre più un grottesco avanspettacolo globale.

Nella visione di Mary Daly noi siamo oggi l’incarnazione sia pure piena di imperfezioni dei sogni che hanno fatto le nostre antenate del passato, siamo la realizzazione dei loro obiettivi basilari e da noi parte il lungo sciame delle antenate del futuro che sono legate alle nostre azioni qui e adesso e cui spetterà di realizzare o no i nostri sogni. In una fila ininterrotta di mani che si toccano passando i doni della nostra conoscenza che non può spezzarsi nemmeno durante i periodi più oscuri come sono stati quelli illuminati solo dai bagliore dei roghi o come è anche il nostro tempo presente in cui il sistema di potere del patriarcato diffuso che permea ogni aspetto della visione e dell’organizzazione del mondo, ha buttato la maschera e si mostra a nudo in tutta la sua bruttezza, la sua idiozia, la sua necrofilia, ossia la capacità di dare la morte, in cui è diventato specialista, anziché la continuazione della Creazione.


 

Hai ascoltato Cronario. Parole mutate/mutanti, scritto, narrato e prodotto da Anonima Crone e liberamente ispirato a:
Cronario. Parole Mutate Mutanti. Dizionario per immaginare futuri diversi, di Anonima Crone, 2024 Vanda edizioni
La cura editoriale del podcast è di Eleonora Ambrusiano, Stefania Girelli, Roberta Fenci e Luciana Percovich
Il titolo della sigla è TE LO RICORDI, gentilmente concessa da Nicoletta Salvi Menestrella Femminista
Sound design e post-produzione Roberta Fenci

I testi citati in questa puntata sono:
Quintessenza. Realizzare il futuro arcaico. Mary Daly, 2005 Venexia Editrice
Verso il luogo delle origini. Un percorso di ricerca del sé femminile 1982-2014.  Luciana Percovich, 2016 Castelvecchi
Oltre i 60. Donne che non si fermano. Gloria Steinem, 2022 Vanda Edizioni